martedì 16 settembre 2014

Donne e rock, cartoline e icone: le immagini di Angelo Fuschetto e Fausto Gilberti

Un professore sannita a riposo, erudito, storico locale e collezionista. Un disegnatore bresciano quarantenne, ammalato inguaribile di rock, che trascorre le notti tra china e vinile. Cosa possono avere in comune Angelo Fuschetto e Fausto Gilberti? Nulla. Assolutamente nulla. Eppure i due testi che segnaliamo alla vostra attenzione hanno nella centralità dell'immagine e nell'attenzione al valore simbolico della stessa un trait d'union molto forte.

Donne in stile Liberty. Le cartoline che disegnarono un'epoca (Auxiliatrix) è un testo prezioso concentrato su una delle sezioni più intriganti che Fuschetto possiede nel suo personale archivio-museo. Una promenade - più che un'esposizione, una sequenza - tra cartoline provenienti dal fronte (15-18) caratterizzate dalla centralità della figura femminile. Missive provenienti da zone di guerra, è vero, ma il succo dell'operazione va oltre la retorica bellica: far risaltare la bellezza, l'attenzione al dettaglio, la perfezione del vestiario, dei lineamenti femminili, la gentilezza sofisticata e altera delle pose, insomma il trionfo della Belle Époque e dell'Art Nouveau. Peccato che l'autore abbia riportato solo immagini e brevi didascalie: poter vedere il retro, non solo per l'affrancatura d'epoca ma anche per le dediche e i pensieri (in barba alla privacy di 100 anni fa...), avrebbe dato completezza e una curiosità in più.

Non si risparmia invece Gilberti: Rockstars (Corraini) è un viaggio in lungo e in largo tra le principali icone del rock dagli anni '60 ad oggi. Uso volutamente il termine "icone" perchè Gilberti - disegnatore dal tratto surreale, visionario e talvolta grottesco - punta proprio sulla dimensione simbolica, oserei dire sacrale (non così fuori luogo visto l'affetto del popolo rock verso le liturgie...), delle grandi personalità rock. Non è un ritrattista in senso stretto, può avvicinarsi a un caricaturista, ma in realtà coglie gli elementi salienti di Led Zeppelin e Miles Davis, Cure e Arcade Fire, David Sylvian e Kasabian, connotando il tutto di linee essenziali e soprattutto di profonda ironia. Il mito di Re Elvis e tutto il resto è nulla, gli ampli dei Can come colonne di cattedrali, i Joy Division sperduti in un campo innevato, il Johnny Cash statuario e imponente di American Recordings le tavole più struggenti di questa originalissima esperienza in bianco e nero.

D.Z.

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