A cura di Gianfranco Salvatore
Rock People
Stampa Alternativa 2005
Il caso "The Wall". Perchè
di "caso" si tratta. Sarebbe troppo semplice e sbrigativo
liquidarlo come "il miglior album degli anni '70", "la
vetta artistica dei Pink Floyd" e così via. E' un disco ma in
particolare una vicenda umana, individuale, profonda, sentita e
lacerante, per questo legata a simboli e a valori universali. La
libertà e le costrizioni, l'autorità e i condizionamenti, gli
affetti, la comunicazione, l'evoluzione interiore e il posto nella
società: la riflessione approfondita in modo quasi ossessivo da
Roger Waters tra il 1977 e il 1979 diede luogo ad un lavoro epocale,
che sintetizza bene le tensioni creative non solo del gruppo inglese
ma di tutto il movimento alternativo del decennio.
Gianfranco Salvatore parte da un
concetto ben definito e centrato: rock e multimedialità. "The
wall" come disco, come film, come opera multimediale, ancora
oggi ricca di fascino ma controversa, con i suoi limiti ma anche
tutta la genialità che può trovare perfetta espressione solo quando
i temi toccati sono universali e umani. La grande intuizione del
curatore sta nel non limitare l'opera ad un solo periodo, quello
successivo al tour di "Animals" - celebre l'episodio dello
sputo di Waters verso il pubblico - , ma nell'estendere la parabola
artistica dei Pink Floyd, tanto da individuare "The wall"
come sintesi e ultimo stato di una forma mentis che, dalla seconda
metà degli anni '60, ha visto Waters e soci operare dentro e fuori
il rock, ai confini con le altre arti e aree del sapere. Ecco allora
tutto l'approfondimento - davvero interessante, completo ed
esauriente - sulla psichedelia e il light-show, le prime forme di
connessione di mezzi comunicativi del '900.
"The wall" è anche cinema:
Giandomenico Curi si occupa del film diretto da Alan Parker e
interpretato da Bob Geldof. Un film celebre come celebri furono i
disegni di Gerald Scarfe, i mattoni e i martelli in particolare,
rimasti nell'immaginario collettivo anche al popolare videoclip di
"Another brick in the wall". "The wall" è anche
musica: un'opera rock lontana dalla logica del "concept"
nella quale i PF avevano già operato. Si occupa dell'opera e della
sua drammaturgia musicale Alessandro Bratus, che approfondisce il
dettaglio tecnico-musicale con estrema precisione, analizzando le
diverse tematiche che compongono il disco, dal progressive
all'acustico fino al drammatico. E il dramma di Pink, il protagonista
dell'opera, è attentamente scandagliato da Gabriele Marciano, che
scende nell'introspezione psicologica realizzata da Waters.
Quello che emerge dal testo - oltre
l'estrema accuratezza e professionalità degli autori, attenti a
dettagli e fonti - è l'eccezionale atmosfera degli anni '70, che
consentì ad una band come i Pink Floyd di potersi esprimere e
livelli davvero irripetibili. La tensione dell'epoca permise a Waters
(e a pochissimi altri) una riflessione coraggiosa sui meccanismi
dello show-business, sull'estetica dello spettacolo e sulle gabbie
che intrappolano pubblico e artista. Il passo alla riflessione sui
fili che condizionano ogni essere umano, sui mattoni che lo isolano,
sull'anelito alla liberazione, frustrato da subdoli condizionamenti
psicologici, fu immediato. Ecco che "The wall", al di là
dell'aspetto meramente musicale e artistico, è frutto di una
sensibilità particolare e parla dritto al cuore di ogni uomo.
Donato Zoppo
Nessun commento:
Posta un commento