venerdì 17 febbraio 2012

Pink Floyd, The Wall: rock e multimedialità


A cura di Gianfranco Salvatore
Rock People
Stampa Alternativa 2005


Il caso "The Wall". Perchè di "caso" si tratta. Sarebbe troppo semplice e sbrigativo liquidarlo come "il miglior album degli anni '70", "la vetta artistica dei Pink Floyd" e così via. E' un disco ma in particolare una vicenda umana, individuale, profonda, sentita e lacerante, per questo legata a simboli e a valori universali. La libertà e le costrizioni, l'autorità e i condizionamenti, gli affetti, la comunicazione, l'evoluzione interiore e il posto nella società: la riflessione approfondita in modo quasi ossessivo da Roger Waters tra il 1977 e il 1979 diede luogo ad un lavoro epocale, che sintetizza bene le tensioni creative non solo del gruppo inglese ma di tutto il movimento alternativo del decennio.
Gianfranco Salvatore parte da un concetto ben definito e centrato: rock e multimedialità. "The wall" come disco, come film, come opera multimediale, ancora oggi ricca di fascino ma controversa, con i suoi limiti ma anche tutta la genialità che può trovare perfetta espressione solo quando i temi toccati sono universali e umani. La grande intuizione del curatore sta nel non limitare l'opera ad un solo periodo, quello successivo al tour di "Animals" - celebre l'episodio dello sputo di Waters verso il pubblico - , ma nell'estendere la parabola artistica dei Pink Floyd, tanto da individuare "The wall" come sintesi e ultimo stato di una forma mentis che, dalla seconda metà degli anni '60, ha visto Waters e soci operare dentro e fuori il rock, ai confini con le altre arti e aree del sapere. Ecco allora tutto l'approfondimento - davvero interessante, completo ed esauriente - sulla psichedelia e il light-show, le prime forme di connessione di mezzi comunicativi del '900.
"The wall" è anche cinema: Giandomenico Curi si occupa del film diretto da Alan Parker e interpretato da Bob Geldof. Un film celebre come celebri furono i disegni di Gerald Scarfe, i mattoni e i martelli in particolare, rimasti nell'immaginario collettivo anche al popolare videoclip di "Another brick in the wall". "The wall" è anche musica: un'opera rock lontana dalla logica del "concept" nella quale i PF avevano già operato. Si occupa dell'opera e della sua drammaturgia musicale Alessandro Bratus, che approfondisce il dettaglio tecnico-musicale con estrema precisione, analizzando le diverse tematiche che compongono il disco, dal progressive all'acustico fino al drammatico. E il dramma di Pink, il protagonista dell'opera, è attentamente scandagliato da Gabriele Marciano, che scende nell'introspezione psicologica realizzata da Waters.
Quello che emerge dal testo - oltre l'estrema accuratezza e professionalità degli autori, attenti a dettagli e fonti - è l'eccezionale atmosfera degli anni '70, che consentì ad una band come i Pink Floyd di potersi esprimere e livelli davvero irripetibili. La tensione dell'epoca permise a Waters (e a pochissimi altri) una riflessione coraggiosa sui meccanismi dello show-business, sull'estetica dello spettacolo e sulle gabbie che intrappolano pubblico e artista. Il passo alla riflessione sui fili che condizionano ogni essere umano, sui mattoni che lo isolano, sull'anelito alla liberazione, frustrato da subdoli condizionamenti psicologici, fu immediato. Ecco che "The wall", al di là dell'aspetto meramente musicale e artistico, è frutto di una sensibilità particolare e parla dritto al cuore di ogni uomo.

Donato Zoppo


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