Filippo Maria Caggiani
Lulu.com 2010
Cinque
anni
di silenzio, ore di registrazione in diversi studi, fior di musicisti e
special guest, una mole di canzoni,
un’avveniristica concezione grafica.
Quando, nel novembre del 1990, Claudio
Baglioni ruppe il lustro di pausa che lo divideva dal grande successo di La
vita è adesso, nessuno era disposto a credere che fosse davvero lui. Il
cantante della “maglietta fina” e
dei “passerotti”, ma anche quello del “gancio
in mezzo al cielo” di Strada facendo
o del “vecchio albergo della terra”
di La vita è adesso era cambiato. Profondamente.
Oltre era il
manifesto più emblematico di un’evoluzione,
ma anche di un’inquietudine, di un’ansia di rottura con un passato ingombrante, quello di cantore dei “buoni
sentimenti”. Bastarono poche cose a farlo capire definitivamente, a chiarire
che indietro non si poteva tornare. Il rock acuminato di Dagli il via, lo
scioglilingua di Io lui e la cana femmina, le donne “strambe”, “fiamminghe” etc.
di Le
donne sono, il 5/4 sghembo di Qui Dio non c’è, il “sudai di sud /
di vento diventai” di La piana dei cavalli bradi. Più che
segnali di diversità, un vero e proprio tuffo
nel rinnovamento. Non a caso Oltre
era un concept album, con protagonista
un avventuroso alter ego: Cucaio.
Filippo
Maria Caggiani,
giornalista valido e preparato, non ha certo scelto una strada facile,
volendosi avventurare nel racconto del making of di Oltre e delle sue peculiarità.
Tutt’altro, egli ha voluto ridurre al minimo il facile amarcord di interviste a protagonisti e musicisti, concentrando la
sua attenzione sui brani, sulla loro
struttura e sul rapporto - mai così simbiotico e funzionale - con il testo. Pur
lasciando il dovuto spazio a Pasquale Minieri,
“sparring partner” baglioniano insieme a Celso
Valli, in un’approfondita intervista che finalmente fa luce su alcuni
elementi del lavoro di preparazione,
Caggiani si è soffermato sui singoli
venti brani che compongono il doppio album.
Lo schema
di riferimento, utile sia per l’autore che per la comprensione del lettore, è
quello già messo in campo da Gianfranco
Salvatore: scomponendo i pezzi nei loro elementi costitutivi e
presentandoli con un grafico comprensibile, Caggiani ci accompagna nei meandri di un disco complesso, mosso da
una profonda pulsione interiore ma
non per questo oscuro e incomprensibile. Anzi, l’autore ci fornisce una buona chiave di lettura, che è proprio
in quel magico amalgama che da sempre, anche nei dischi giovanili più
convenzionali, Baglioni ha sempre sviluppato: il matrimonio tra parole e musica. Un testo estremamente avvincente,
che avrebbe meritato il sostegno di un editore.
Donato Zoppo
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