ELETTROSHOCK
Parole, poesie, racconti, aforismi, foto
di Alda Merini
Stampa Alternativa, 2010
Ho sempre avuto una forma di timore e di eccitata inquietudine nei confronti delle parole e della figura di Alda Merini. I versi della dannata del '900 sono frutto di vertigine, di pienezza e di bruciore esistenziale; sensazioni che le mie viscere prima, e il mio cuore dopo avvertono. Non mi è stato lieve - per questi motivi - leggere Elettroshock. Parole, poesie, racconti, aforismi, foto di Alda Merini per Stampa Alternativa. Pubblicato la prima volta nel 1991 per la collana Millelire, Le parole di Alda Merini fu il mezzo veloce e prezioso per diffondere la sua arte. A 20 anni di distanza quel Millelire è stato integrato con le foto inedite di Giuliano Grittini ed è diventato Elettroshock. Ancora più prezioso. Oggi che lei non c'è più, le sue parole e le immagini che la ritraggono non smettono di brillare.
"La mia solitudine è ardente" scriveva, come il tizzone delle sigarette che consumava, come la brace dei suoi occhi penetranti e brillanti di stupore, come la figura della sua persona, come la naturalezza delle sue composizioni. Il libricino è aperto dall'affascinante e originaria intervista di Guido Spaini dove c'è di tutto, ricordi e pareri sulla vita, sulla maternità, sull'amore verso se stessi, sulla figura del poeta che è "molto più altruista del romanziere". La sua gratitudine verso Giorgio Manganelli che, dopo dieci anni di oblio in manicomio, la salutò con un "Ciao rediviva!". Illuminazioni, per lei ovvie, "la poesia nasce quando posso gratificarmi della bellezza; allora sono felice." Alda, che dopo tanto dolore ha donato bellezza alle persone, lei che ha filtrato la putrescenza del mondo diventando lo strumento di quella poesia che "non ha tempo, soprattutto quella che diventerà eterna."
I racconti realizzati con acqua (persone), mattoni (amore) e amalgama di luce. I versi affilatissimi "sai benissimo/ che quando un poeta vuole morire/è inutile salvarlo" e le gocce del tuo calamaio - gli aforismi- in cui inviti all'indipendenza e affermi "raramente cammino sulle orme degli altri". Concludo queste mie righe quasi parlandoti - ti dò del tu perdonami - sarà la mia inquietudine che ti ringrazia per la luce con cui la sorprendi.
Francesca Grispello
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