mercoledì 2 gennaio 2013

Emanuele Kraushaar: 'Maria De Filippi'; Rosetta Bertini: 'Il dio delle donne'

Solitamente nelle recensioni collettive inseriamo libri che hanno un denominatore comune, che trattano lo stesso argomento da diversi punti di vista. Per questo primo commento del 2013 ci piace scompaginare, sparigliare una sana abitudine, unire due proposte diametralmente opposte anche per far risaltare le rispettive differenze.

Conosciamo bene Emanuele Kraushaar, e se non avete mai letto nulla dello scrittore romano il suo sito diventa eloquente: spazio bianco, poca materia, qualche punto, linee spezzate qua e là. Lo stesso approccio minimalista anima la sua scrittura, fatta di racconti brevi - anzi di più - che arrivano al dunque ancor prima di cominciare, trionfo dell'in medias res. Maria De Filippi (Alet Edizioni) è un colpo di genio che solo Kraushaar poteva realizzare: raccontare la fauna di Uomini e donne che si aggira negli studi Mediaset, passarne alla berlina sogni, ambizioni, allucinazioni, muscoli e tacchi. Una surreale (ma ne siamo proprio sicuri?) carrellata di personaggi fagocitati dal regno dei tronisti, da Vasco a "quella della banana", da Rino di Decimomannu a Ubaldo. Una fiera delle vanità che fotografa in pieno la malata esplosione di ego degli ultimi anni.
http://www.emanuelekraushaar.it

Completamente diverso Il dio delle donne. L'eresia di Don Geloso (Impressioni Grafiche), primo romanzo di Rosetta Bertini. L'autrice reggiana, piemontese d'adozione, si è confrontata con il linguaggio teatrale e approda alla narrativa con un testo decisamente in linea con il taglio di Impressioni Grafiche. Ambientazione piemontese, soggetto oscillante tra affresco storico-sociale e vicence private, un tema scottante ieri come oggi, quello della critica al clero proprio all'interno del sistema religioso. Seconda metà dell'800, nel piccolo centro di Ricaldone (AL) il nuovo parroco Don Geloso non nasconde - anzi radicalizza - la propria visione progressista, creando proseliti e divisioni. Un romanzo semplice e appassionato, lontano dalla scrittura "aristocratica" di Garrone e da quella colta e rarefatta di Arata.
http://www.impressionigrafiche.it

D.Z.

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